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19.9. Tutti/e al presidio a Latina
CONTRO L’ISOLAMENTO, LA DIFFERENZIAZIONE, LE NUOVE SEZIONI SPECIALI AL FIANCO DEI PRIGIONIERI RIVOLUZIONARI Domenica 19 settembre ore 13.00
In occasione della giornata di mobilitazione per i prigionieri politici di lunga detenzione, lanciata dal Soccorso Rosso Internazionale, e dello sciopero della fame di 20 giorni che Marco, Costa, Silvia e Billy hanno iniziato il 10 Settembre nelle carceri svizzere, aderiamo e invitiamo a partecipare al presidio indetto sotto un carcere in cui sono detenute da oltre 20 anni alcune compagne rivoluzionarie.
In Italia oggi esistono sezioni differenziate solo per i prigionieri politici come Latina, Alessandria, Siano, Carinola, Rossano, Benevento e Macomer. Il fine è isolarli sia dagli altri detenuti sia rispetto all’esterno, ma i compagni e le compagne che, nonostante gli anni di galera continuano a resistere, sono parte integrante della lotta di tutti noi contro il capitalismo.
In democrazia, i tribunali rispondono all’esigenza dello Stato di difendere se stesso da chi nega la sua legittimità. È chiaro come in generale sia il potere politico a dettare la linea su quello giudiziario; in quest’ottica il carcere diventa un sostegno ideologico fondante della civiltà che ci circonda. I prigionieri politici rendono evidente questo dato.
Le istituzioni civili, parlamentari e non, dei paesi sviluppati hanno creato delle norme che vincolano la scarcerazione dei detenuti rivoluzionari (quando la loro pena è terminata) oppure alcuni benefici (quando il fine-pena è mai) al loro ‘ravvedimento’ che prende l’esatta forma dell’abiura pubblica.
Un condannato a lunghe pene per reati associativi può accedere alle facilitazioni previste dalla legge solo rinunciando alla propria identità politica; questa imposizione assume varie forme legali, a seconda del luogo, dall’obbligatorietà della perizia psichiatrica fino alle norme che prolungano arbitrariamente la detenzione ed applicate in modo retroattivo a chi si trova già in carcere.
L’ovvia conseguenze è che coloro che si trovano ancora il galera dopo tanti anno sono i compagni che non hanno accettato di essere piegati, mantenendo la loro integrità rivoluzionaria e la loro dignità: alla giustizia di Stato non sfugge il pericolo costituito dal fatto che costoro tornino ad essere parte delle lotte e dei movimenti.
Ma la loro fermezza dice qualcosa anche a noi: è necessario non abbandonarsi alle frustrazioni o alle nostalgie e conquistarsi un posto verso il cambiamento radicale e reale. Se siamo parte dello stesso percorso che porterà i popoli a liberarsi dagli oppressori e le genti ad essere infine libere, dobbiamo mostrarlo.
La storia ci ha insegnato quanto è inutile fare appelli democratici ai reclusori e come solo lo scontro può darci la libertà che vogliamo, la libertà dalle galere, dallo sfruttamento, dal dominio culturale e dalla violenza istituzionalizzata.
La natura totalitaria delle democrazie attuali indica quanto fosse rozzo il fascismo; i paesi occidentali ne hanno ereditato i fini, raffinando però i mezzi: lo spirito del codice penale è diffuso, alla ricerca della collaborazione delle masse. Non serve parlare di telecamere ad ogni angolo di strada per dire che vogliono controllare l’intera società.
Ciononostante, la coscienza rivoluzionaria non è spenta, la lotta è necessaria ed inevitabile e gli organi repressivi non cessano il tentativo di fermarla.
Anche in questo, gli strumenti evolvono e sezioni speciali e differenziazione rappresentano la linea seguita ormai dagli anni 70: il carcere tedesco della deprivazione sensoriale, il carcere speciale italiano dell’art. 90 e poi del 41 bis, il Fies in Spagna… Ma contro il carcere, c’è sempre stata battaglia come contro la società dello sfruttamento e della guerra che lo produce.
Assemblea Contro il Carcere e la Repressione