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Italia Udienza appello compagno a Milano
Il 14 dicembre 2011 si terrà presso il tribunale di Milano l’udienza d’appello per un compagno accusato di aver imbrattato una targa dedicata al defunto Marco Biagi, presente nel piazzale antistante il tribunale stesso. Il fatto sarebbe avvenuto durante un presidio internazionale di solidarietà in occasione di una udienza del processo per i compagni arrestati il 12/02/07.
Il compagno è già stato condannato in primo grado ad un anno di reclusione, senza condizionale, per imbrattamento, trasformato poi in danneggiamento aggravato. Esprimiamo tutta la nostra solidarietà concreta a questo compagno e denunciamo l’accanimento della procura e del giudice che ha formulato la condanna, dimostrando ancora una volta in modo chiaro e senza ombra di dubbi da che parte sta la giustizia borghese.
Di fronte alla situazione drammatica che vivono migliaia di lavoratori, giovani e pensionati a cui viene negata ogni possibilità di un futuro dignitoso, difendere ciò che simboleggia la memoria di questo personaggio, responsabile della famigerata legge 30, con cui si è sancita la precarietà lavorativa nel nostro paese, è un insulto! Coerentemente alle riforme “salva Italia” che il neo governo Monti sta varando in questi giorni, di fronte alle decine di morti bianche quotidiane, alle sentenze di assoluzione di padroni responsabili della strage di operai sul posto di lavoro, come quella della Tricom galvanica di Tezze sul Brenta, infliggere un anno di carcere per difendere la memoria del defunto professore, oggi vuole dire difendere gli interessi della classe borghese, quella che sta spremendo fino all’ultima goccia di sangue i proletari, per sopravvivere alla crisi del sistema economico capitalista, che la classe borghese difende e propugna come unico possibile.
Questo non è un singolo episodio, ma si va ad aggiungere ad altri che evidenziano il chiaro attacco alla solidarietà di classe. Infatti, la notte dopo il blitz dell’Operazione Tramonto, 4 compagni di Milano vengono arrestati e poi processati per aver attaccato alcuni cartelloni di solidarietà; successivamente altri due compagni di Roma vengono denunciati e processati per aver esposto degli striscioni di solidarietà; diversi compagni da tutta Italia sono stati denunciati alla manifestazione a L’Aquila nel giugno 2007, durante la quale il contenuto della solidarietà ai rivoluzionari prigionieri e ai compagni incarcerati il 12/02/07 era ben chiaro, e condannati fino a pene di due anni per aver urlato lo slogan “La fabbrica ci uccide, lo Stato ci imprigiona che cazzo ce ne frega di Biagi e di D’Antona”!
Questo attacco repressivo è soprattutto mirato a colpire la solidarietà di classe così forte, viva e numerosa che, durante tutto il periodo del processo di primo e secondo grado a Milano, ha rotto il muro di silenzio e di isolamento, sostenendo i compagni arrestati e amplificando la loro voce all’esterno. La solidarietà reale e concreta che ha dimostrato, invece, da che parte sta il proletariato e i compagni che si sono stretti al fianco degli arrestati, difendendo la prospettiva rivoluzionaria che essi incarnano.
La pratica della solidarietà viene attaccata perché da fastidio alla magistratura, ai padroni e allo Stato, perché impedisce e contrasta attivamente il tentativo di isolare, demonizzare i compagni e di costruire l’icona dei “terroristi”. Questo con l’obiettivo di schiacciare la solidarietà e di fare terra bruciata attorno a chi lotta e a chi ha tentato di proporre un’alternativa reale a questo sistema di barbarie: l’alternativa di chi sceglie di stare dalla parte della propria classe, cioè di tutti coloro che possono contare solo sulle proprie forze per rompere le catene dello sfruttamento e conquistarsi il proprio futuro. Infatti, come la storia ci ha insegnato, l’unica via d’uscita possibile dalla crisi è quella rivoluzionaria, che punti ad abbattere il capitalismo, proponendo una società senza classi, sfruttamento e guerre: la società socialista. Alternativa che oggi spaventa i padroni e lo Stato, consapevoli che il loro consenso tra la gente è sempre più debole e che devono difendere con le unghie il loro potere sempre più messo in discussione.
E se la solidarietà viene attaccata, l’unico modo per difenderla è continuare a rilanciarla, praticarla ed estenderla perché costituisce il filo rosso incorruttibile che lega diversi fronti di lotta tra loro e unisce chi lotta all’esterno con chi resiste e rivendica la propria identità anche da dietro le sbarre, e lo sarà fino all’ultimo giorno in cui i compagni saranno in carcere o oggetto della repressione.
Compagne e compagni per la costruzione del Soccorso Rosso in Italia
Associazione Parenti e Amici degli arrestati il 12/02/07