News & Last Entries
Agenda
Intervista a compagno di Lotta Rivoluzionaria
INTERVISTA DI NIKOS MAZIOTIS AL GIORNALE TO VIMA Come spiegate la vostra messa in libertà, secondo i termini della Costituzione greca?
Il fatto che si sia giunti ad esaurire i 18 mesi di detenzione preventiva senza cominciare il processo è dovuto al grande impegno di polizia, giudici di istruzione e dello Stato in generale, al fine di raccogliere prove che permettessero di imputare a ciascuno di noi la partecipazione diretta alle azioni dell’organizzazione; dato che (e i nostri persecutori lo sanno bene) l’assunzione di responsabilità politica da parte nostra non significa poterci imputare una partecipazione concreta, fisica, alle azioni realizzate. Per cui, non trovando prove, sono passati i 18 mesi: tutto qui.
Voi siete già stati giudicati precedentemente e siete stati liberati. Qual è la vostra opinione sulla Giustizia greca?
Io ho passato tre anni in carcere per l’attacco esplosivo al Ministro dello Sviluppo, nel ’97, realizzato come atto di solidarietà verso la lotta degli abitanti del villaggio di Strymonikos contro l’apertura di una miniera d’oro da parte della Compagnia Multinazionale ”TVX Gold”. La mia posizione dichiarata, da quando ho preso coscienza della prospettiva anarchica, è che la cosiddetta “Giustizia greca” è un sistema di protezione del regime economico-politico esistente, questo sistema criminale che si chiama capitalismo, economia di mercato e democrazia rappresentativa. Questa Giustizia è una giustizia profondamente di classe. Suo scopo è servire e proteggere i potenti del’economia e della politica. La gran maggioranza dei prigionieri sono di origine modesta; è un’ipocrisia parlare di Giustizia quando i più grandi ladri e criminali sono i membri dell’élite politica ed economica che saccheggiano il popolo e i poveri, e particolarmente nelle attuali condizioni, inflitte dal Memorandum della Troika. E’ un’ipocrisia parlare di Giustizia quando tutti gli accusati di scandali resi pubblici, come l’affare Vatopedi, quello Siemens e le obbligazioni strutturate, restano sempre impuniti; quando uno degli assassini di Alexandros Grigiropoulos è già in libertà.
Per lungo tempo voi avete “giocato a nascondino” con le autorità. Può darsi sia improbabile come ipotesi, ma come spiegate che, mentre voi eravate sotto sorveglianza, la vostra organizzazione realizzava azioni spettacolari, come l’attacco con razzi all’Ambasciata USA? Inoltre, accettate voi il titolo di capo che vi si attribuisce?
L’organizzazione non è mai stata sotto sorveglianza. Io e la mia compagna, Pola Roupa, eravamo sorvegliati come sospetti ma non era mai emersa prova alcuna né su noi né sull’organizzazione. Quanto al titolo di capo che mi si attribuisce, va da sé che non lo accetto e non solo sul piano dell’imputazione penale, dato che è un’aggravante, ma anche perché, in quanto anarchico, è nei miei principi essere contro ogni forma di gerarchia. Il prospettare la realizzazione di una società senza divisioni di classe, senza dirigenti e diretti e, al tempo stesso adottare nell’organizzazione “Lotta Rivoluzionaria” questo modello sociale e politico dominante contro cui lottiamo, sarebbe una contraddizione. Questa accusa deriva dalla percezione del regime, per cui non vi possono essere forme di organizzazione sociale e politica al di là del modello gerarchico.
Si disse, all’epoca, che ci fosse un video dell’attacco all’Ambasciata USA. Pensate sia vero?
Se ci fosse un video utilizzabile si sarebbero già arrestati i membri dell’organizzazione responsabili di questo attacco all’ambasciata nel 2007. Del resto è ben noto che l’organizzazione non ha mai lasciato il minimo indizio utile sui luoghi delle azioni.
Il problema del cosiddetto terrorismo (termine che voi non accettate) è terminato nel vostro paese? O pensate che continuerà ad esistere?
La questione dell’azione armata rivoluzionaria non è finita e non finirà mai. Essa è storicamente necessaria ed attuale, segnatamente nelle condizioni del totalitarismo contemporaneo imposto dal governo del Pasok, in collaborazione con la Troika, per conto dei creditori del paese. In effetti, in un’epoca di crisi generalizzata del sistema, il dibattito attorno all’esistenza e alla necessità dell’azione armata rivoluzionaria è un dibattito attorno la necessità della rivoluzione sociale.
Voi riconoscere sempre la vostra partecipazione ad azioni e ad organizzazioni.
Qual è il senso di questa vostra attitudine?
Sostenere la lotta contro il nemico, sostenere le scelte di azione politica (nel nostro caso l’azione armata rivoluzionaria) è un dovere politico per ogni rivoluzionario. Lì sta la grande importanza della rivendicazione di responsabilità politica. Penso che con una tale attitudine si possa lottare più efficacemente contro la propaganda dominante che investiva i rivoluzionari e gli avversari politici del potere presentandoli come criminali e terroristi. Per esempio, durante l’occupazione tedesca, il regime monarco-fascista tacciava di banditismo i militanti e i partigiani dell’ELAS (Esercito popolare di liberazione nazionale) e del DES (Esercito democratico di Grecia).
Non vi chiedete mai se la vostra lotta contro il sistema vi autorizza a mettere a rischio, o ancor più, a eliminare la vita umana?
Il gruppo “Lotta Rivoluzionaria” è un’organizzazione armata rivoluzionaria che lotta per il sovvertimento del capitalismo e dello Stato, al fine che il popolo possa prendere la propria vita nelle sue stesse mani. Noi ci battiamo contro il regime e contro tutti coloro che lo costituiscono e lo difendono. Noi non abbiamo messo a rischio la vita di cittadini ordinari, che non hanno nulla a che fare con il sistema di potere e di repressione. Le azioni condotte contro delle strutture materiali del sistema (per es. contro Ministeri, banche, la Borsa) sono eseguite prendendo ogni precauzione per non toccare la vita dei cittadini. Ma nella guerra sociale e di classe la violenza è inevitabile, da parte del potere così come da parte del popolo insorgente e dei rivoluzionari, poiché nessuna autentica rivoluzione sociale ha mai avuto luogo, né mai lo avrà, senza violenza. In tale contesto, l’attacco al capo criminale Voulgarakis, responsabile di sevizie, sequestri, terrorismo e arricchimento a suon di usurpazione di terre pubbliche (come nel caso del monastero di Vatopedi) - un tipo che il popolo avrebbe ben voluto vedere impiccato in piazza Syntagma- o ancora gli attacchi contro gli sbirri assassini del MAT, che massacrano il popolo durante le manifestazioni e gli scioperi, non sono dei crimini.
E’ un’ipocrisia accusarci come terroristi e minaccia pubblica, indiscriminata contro ogni persona, proprio quando il sistema che ci accusa uccide ogni giorno decine di persone, condannandole alla miseria, alla fame, attraverso i piani di austerità del Memorandum; proprio quando compromette la vita e la salute dei cittadini attraversi i tagli e le chiusure di ospedali pubblici; allorquando si eliminano, tramite la disoccupazione, intere classi di cittadini ed i padroni, tramite gli incidenti sul lavoro, sbarazzano il sistema di forza-lavoro eccedente; allorquando gli omicidi da parte degli sbirri, oggi in questa fase di acutizzazione della guerra sociale, diventano sempre più strumento ordinario per l’imposizione della forza del regime e dell’ordine; proprio quando, in realtà, l’uscita dalla crisi economica del sistema, l’uscita intrapresa dall’élite economica del sistema presuppone l’eutanasia sociale di ampi settori della popolazione.
Su quali azioni potreste aver cambiato idea? Potreste pentirvi di qualcosa? Avete arrecato danno a qualcuno?
E’ chiaro che non mi pento di nulla. Il mio solo pensiero e posizione sono quelli affermati dall’organizzazione nei suoi proclami. Se errore c’è stato, è l’errore tecnico che ha impedito l’esplosione presso la sede greca di Citibank, una delle entrate centrali del sistema finanziario internazionale e, di conseguenza, uno degli attori centrali della crisi del sistema. D’altronde noi ci siamo già scusati per tale errore con il popolo greco.
Può essere che le azioni dell’organizzazione abbiano portato il sistema ad adottare metodi più conservatori?
La visione secondo cui l’azione armata rivoluzionaria sarebbe responsabile dell’aggravamento della repressione contro i movimenti sociali e politici è una tipica teoria della sinistra riformista, usata per impedire la radicalizzazione delle lotte e per costringerle nei limiti della legalità del sistema. A dire il vero, e segnatamente oggi, ciò non è il caso; di più, l’assenza di un forte movimento rivoluzionario ha persino incoraggiato la brutalità del sistema. Va da sé che il solo metodo per imporre certe misure è quello di reprimere le lotte e le resistenze, quello di una repressione che prende, ai nostri giorni, forme di guerra. Una guerra vissuta da tutti coloro che partecipano alle manifestazioni e mobilitazioni, che finiscono sempre con gli attacchi omicidi degli sbirri contro i manifestanti. Il caso dell’attentato poliziesco alla vita del manifestante Jannis Kafkas, l’11 maggio 2011, dimostra che lo Stato è determinato fino ad uccidere per imporre l’ordine del regime e fermare la marcia verso l’insurrezione sociale. La visione secondo cui l’azione armata aggrava la repressione è particolarmente inopportuna oggi, in cui sempre più persone capiscono la necessità di un’insurrezione sociale armata.
Ho sempre voluto domandarvi circa la tragica morte dello straniero a Patissia. In effetti, cosa successe?
Non si può sapere cosa successe a Patissia. Per contro, sappiamo quanto questo tragico avvenimento sia stato strumentalizzato in modo assolutamente ignominioso dal Ministero dell’Interno, per annientarci come militanti, per annientare il carattere politico e sociale dell’organizzazione “Lotta Rivoluzionaria” e per rafforzare la visione dominante per cui essa sarebbe un gruppo di criminali e terroristi. Disgraziatamente, questa operazione di diffamazione e annientamento è stata diffusa soprattutto dai media che, durante i primi giorni dei nostri arresti e del nostro completo isolamento, mentre eravamo impossibilitati a contrastare questa farsa di “prove” lanciata contro di noi, si sono trasformati nel portavoce di Chrysochoidis, il Ministro dell’Interno dell’epoca.
Cito al riguardo una conversazione telefonica inventata dal Ministero dell’Interno, durante la quale sembra che alcuni di noi commentino la tragica morte dell’Afgano e le ferite della sorellina, in modo assolutamente volgare. Conversazione trasmessa ai media e diffusa senza scrupoli. E per quanto, giorni dopo, i nostri persecutori abbiano ammesso la falsità di tale conversazione, diversi media hanno continuato a sostenere che probabilmente eravamo noi gli autori di questo tragico avvenimento. Credo che tale posizione della maggioranza dei mezzi di comunicazione dominanti, totalmente soggiogati dalla versione del Ministero dell’Interno, sia un esempio flagrante di propaganda goebeliana.
E’ stata mai messa una taglia su di voi?
Su me personalmente, no. Ma come organizzazione lo fu, da parte del governo americano (per la somma di 1 milione di dollari) e da parte del governo greco (per la somma di 800.000 euro) a causa dell’attacco con razzi al’Ambasciata USA del 2007. Questa taglia fu riprodotta e pubblicata dai giornali, esattamente un anno dopo.
La vostra situazione personale può sorprendere, dato il vostro profilo militante. Siete diventato padre e la vostra compagna ha partorito in carcere.
Come vedete il vostro avvenire?
Non abbiamo sinora parlato delle mie questioni personali ma, dato che me lo chiedete, eccovi la mia posizione: il fatto di essere padre non è in contraddizione con la mia partecipazione ad un’organizzazione armata rivoluzionaria. D’altronde si lotta soprattutto per lasciare ai nostri figli un mondo migliore e per non trovarsi ad ammettere eventualmente di fronte a loro di non aver resistito, di non aver fatto nulla contro l’ingiustizia dominante dei nostri giorni. E se non lottiamo oggi per sovvertire la Giunta contemporanea dello Stato e del capitale, le prossime generazioni vivranno l’epoca più oscura e barbara della storia umana. E’ innanzi tutto ai nostri figli che noi dobbiamo la lotta per la rivoluzione sociale.
Cosa pensate del movimento degli “Indignati” e dello slogan “Bruciamo ‘sto bordello, il Parlamento”?
Il movimento degli “Indignati” è un movimento politico e sociale multiforme e multidimensionale, che veicola il furore della maggioranza sociale contro il sistema economico e politico. A causa della crisi economica, la società in generale contesta sempre più l’economia di mercato e la democrazia rappresentativa ed è perciò che si esprime un furore ed un’opposizione totale a tutti i partiti politici e al parlamentarismo, peraltro ridotti dal sistema stesso, poiché nelle condizioni del totalitarismo contemporaneo imposto dalla Troika, il Parlamento non fa altro che confermare i suoi mandati, E’ per questo che lo slogan anarchico “Bruciamo ‘sto bordello, il Parlamento!”, esistente da 30 anni, è oggi aderente alla volontà della maggioranza sociale. Lo slogan centrale degli “Indignati”, invocante la democrazia immediata, riflette da un lato l’opposizione popolare al sistema perverso della democrazia rappresentativa, in cui i politicanti decidono in assenza del popolo e da un lato il desiderio popolare di decidere da sé sulla propria vita. Ciò che resta da fare è che questa corrente multiforme e multidimensionale diventi una forza politica di sovversione.