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Lotta Rivoluzionaria City Bank Comunicato 2009
COMUNICATO SULL’ATTACCO ESPLOSIVO ALLA SUCCURSALE DI CITIBANK DI VIA LAVRIOU AD ATENE (Marzo 2009) Rivendichiamo l’intera responsabilità dell’attacco esplosivo alla succursale di CITIBANK di via Lavriou a Nea Ionia (Atene) del 9 marzo. Azione che ha fatto seguito al tentativo del 18 febbraio, allorché tentammo di far saltare per aria la sede di CITIBANK in via Achaias a Koto Kifista (Atene), con una autobomba.
Operazione specifica, facente parte dell’intervento strategico della nostra organizzazione rispetto alla crisi economica e ai suoi responsabili, fra i quali il capitale della banca internazionale occupa un posto di preminenza. L’impiego di una vettura imbottita di 125 kg di esplosivo non era finalizzata ad un attacco di basso profilo, bensì a distruggere l’infrastruttura di questa impresa multinazionale, affermando chiaramente che la sua presenza sul territorio greco è in pericolo. In fondo, uno dei principali obiettivi per un autentico movimento rivoluzionario e per un’organizzazione armata è quello di trasformare un paese in terreno ostile per i meccanismi criminali degli agenti sovranazionali del capitalismo, quali CITIBANK.
Prima di spiegare le motivazioni del nostro attacco a CITIBANK ed il ruolo che essa svolge nel quadro della finanza internazionale, ci soffermiamo su alcuni aspetti della realizzazione dell’azione che ha sollevato clamore, essendo il primo tentativo di distruzione di un’infrastruttura tramite utilizzo di una quantità massiccia di esplosivo. Gran parte dei giornalisti, cioè i mercenari puntigliosi al servizio dello Stato, la cui attività principale è quella di mentire, han dispiegato una propaganda degna di Goebbels, descrivendo questo tentativo come un attentato indiscriminato. Hanno affermato che se ci fosse stata l’esplosione, essa avrebbe provocato decine di morti, paragonandola agli attacchi di Al Qaida. Ma la verità è tutt’altra.
Intanto, in ciò che concerne i materiali utilizzati, l’ammonite è il meno potente tra gli esplosivi e la sua potenza è inferiore del 60% rispetto a quelli massicci. La selezione dell’obiettivo specifico e le modalità dell’attacco erano basate sulle caratteristiche dell’edificio in questione e dei paraggi. Non c’è ,alcuna abitazione attorno a CITIBANK, la facciata dell’edificio di via Achaias, ove abbiamo parcheggiato la vettura, domina una zona non residenziale; all’opposto dell’entrata principale vi è un edificio in costruzione e a fianco pure un edificio semi finito che ospiterà uffici. Dal lato di via Troizinias nessuna abitazione, solo imprese ed uffici che, ovviamente, a quell’ora erano chiusi. Non vi era insomma alcuna casa a lato dell’entrata di CITIBANK – in fin dei conti una tale Compagnia prende un caseggiato per sé sola – né sui lati o sulla via dove fu messa la vettura.
Il cantiere di fronte a CITIBANK ostruiva il campo verso la strada nazionale Athinon-Lamias, mentre lungo il raccordo non si trovano che negozi. La nostra decisione di entrare nella banca scassinando la porta esterna comportava un rischio elevato, ma in tal modo potevamo causare un massimo di danni all’edificio, assorbendo così esso stesso l’essenziale dell’esplosione. Le dichiarazioni isteriche susseguenti l’esplosione, che pretendevano che diversi edifici vicini avrebbero potuto essere distrutti, sono state fatte solo con l’intenzione di diffondere il panico. Nonostante il fatto che il sorvegliante della banca ci abbia immediatamente individuato e compreso che la banca era sotto attacco, cosa che non poteva che spingerlo a chiamare la polizia, noi abbiamo inviato un avvertimento al giornale TA NEA. La bomba avrebbe dovuto esplodere un’ora dopo l’innesco, cioè alle ore 5 del mattino, come è stato verificato dagli artificieri del teem, dato che uno dei due orologi è stato ritrovato intatto. Quando abbiamo chiamato il giornale, abbiamo chiaramente indicato la presenza di un’auto con 125 kg di esplosivo, al fine di assicurarci l’evacuazione di una gran parte della zona. Quanto alle ragioni del silenzio da parte di questo giornale riguardo la nostra chiamata, ci sono tre spiegazioni possibili. In primo luogo, l’operatore telefonico potrebbe non aver avvisato nessuno. Se questo è il caso, abbiamo a che fare o con della negligenza criminale da parte dell’impiegato o di una scelta deliberata da parte del giornale, che ignora le consegne dei giornalisti rispetto agli appelli di allerta. Allorché piazzammo un congegno esplosivo alla sede della Shell e cercammo di contattare il giornale Eleftherotypia per avvertire, l’operatore non smetteva di riagganciare il telefono, cosa che ci spinse a chiamare la polizia. Questi due incidenti sono estremamente allarmanti per l’atteggiamento dei giornali e non possono che farci riflettere se, d’ora in poi, la politica dei mass-media in generale non sia quella di puntare alla moltiplicazione delle vittime per nuocere alla nostra lotta e spingere verso misure poliziesche eccezionali. Riguardo CITIBANK, noi lanciammo l’avvertimento alle ore 4,10 del mattino, cosa che può essere facilmente confermata visto che le chiamate alle imprese sono registrate.
La nostra seconda ipotesi è che l’impiegato abbia informato sia la polizia, sia il direttore del giornale. In tal caso ci troviamo di fronte ad uno sforzo combinato di disinformazione da parte del giornale TANEA, dell’intero apparato repressivo e del governo, al fine di creare un sentimento di insicurezza tra i cittadini. Se i due suddetti scenari fossero veri, cosa che non ci auguriamo, speriamo che i giornali implicati neghino pubblicamente qualsiasi interferenza. Noi dobbiamo seriamente considerare il fatto che siamo entrati in una nuova era estremamente pericolosa, nella quale le forze repressive di Stato ed i media lavorano d’intesa per generare un clima di insicurezza sociale, non solo per sconfiggere la nostra lotta ma anche per creare un clima di consenso che consenta l’applicazione di politiche totalitarie a scapito della società nel suo insieme.
Una terza possibilità, improbabile, è che l’impiegato abbia informato la polizia, dimenticando di parlare con il suo direttore, di Tanea.
Per questi motivi, nel caso della CITIBANK di via Lavriou abbiamo utilizzato dei cavi elettrici al posto di un timer, potendo così essere presenti al momento dell’esplosione e controllare l’eventuale passaggio di persone in zona. Tuttavia è nostra intenzione continuare ad usare i timer nelle nostre azioni e di informare i media prima delle esplosioni affinché si svolgano con tutte le precauzioni. Perciò, in ogni caso di boicottaggio delle nostre telefonate di avvertimento e di evacuazione di edifici o di zone, noi dichiariamo che dovranno essere ritenuti responsabili di ogni vittima la polizia ed i media. Dichiariamo inoltre che noi non inneschiamo alcuna esplosione prima di aver preso tutte le misure possibili per garantite la sicurezza dei cittadini e, nel caso in cui i mass media e le autorità rifiutino di agire nello stesso senso, risponderemo conseguentemente, come scrisse George Orwell in “1984”: i giornalisti utilizzano la propaganda per proiettare le menzogne come verità, il nero come bianco, la schiavitù come libertà. Pretendono che la nostra azione non miri al sistema ma alla società. Secondo la propaganda di regine che essi propagano, se l’esplosione degli uffici CITIBANK avesse avuto luogo, essa avrebbe avuto un impatto sui due milioni di cittadini che vivono sotto la soglia di povertà, sulla gente cui le banche hanno ripreso le case, sulle migliaia di disoccupati, sui lavoratori sottopagati, sui pensionati, sui giovani e sugli studenti, poiché evidentemente condividono gli stessi interessi della banca! Ecco ciò che pretendono i giornalisti!
Da molto tempo viene diffusa una concezione prefabbricata ad opera degli apparati repressivi statali e dei grandi partiti (sia il Pasok socialdemocratico che la Nea Dimokratia conservatrice) e veicolata da giornalisti, analisti politici e intellighenzia. Secondo loro, la nostra Lotta Rivoluzionaria (EA) si distinguerebbe dal 17 Novembre (17N) e da Lotta Rivoluzionaria Popolare (ELA) che –ovviamente solo dopo il loro scioglimento- erano considerati come “dotati di finalità più specifiche e di una vernice ideologica, contrariamente alle organizzazioni della nuova generazione che colpiscono alla cieca e mirano alle masse, in assenza di qualsiasi giustificazione ideologica”. Certo, non è una coincidenza se molti di coloro che riproducono questa menzogna mostruosa sono gli stessi che, in passato, affermavano in TV che 17N (ancora attivo) non era altro che “un gruppo di criminali crudeli e di assassini senza ideologia”. Rispetto a noi, sono oggi diventati delle “pecorelle”, degli “angioletti”.
La classe dirigente ed i media mentono sfacciatamente. Questa tattica fa parte di un’invariabile propaganda prodotta dallo Stato e dai suoi agenti, presentante i rivoluzionari e gli oppositori del regime come criminali antisociali. Riguardo a numerose nostre azioni sono state fatte affermazioni infondate, secondo cui noi avremmo cercato il massimo numero di vittime civili, tra cui l’esempio più tipico è quello riguardo il nostro attacco esplosivo al Ministero dell’Economia, nel dicembre 2005. Nonostante i nostri due avvertimenti, la polizia è stata incapace di localizzare la moto bomba che è esplosa prima che la zona fosse evacuata anche se, fortunatamente, ha provocato solo due feriti leggeri. Ancora una volta hanno preteso che noi avremmo voluto ingannare la polizia, senza scrupoli per le vittime potenziali. Come l’abbiamo fatto allora, lo ripetiamo ancora: gli obiettivi selezionati da noi, materiali o “umani”, sono scelti secondo criteri di classe o sociali, che essi sono parte dell’élite politica e finanziaria, strutture del capitale e della Stato, così come la polizia che li difende, e non sono tra la gente comune.
Pertanto la maggioranza dei mass media, in uno sforzo congiunto con i partiti istituzionali, per creare un sentimento di insicurezza sociale, ci accusano di tentativi di omicidio sui civili, mentre passano sotto silenzio gli attacchi omicidi con la granata contro il Punto di Incontro degli Immigrati (To Steki) nel quartiere Exarchia, al centro di Atene, famoso per la sua combattività e particolarmente insidiato dalla polizia. Questo prova che, oltre ad approvare senza riserve la violenza di Stato, acconsentono anche alla violenza parastatale, vista la sospetta e provocante tolleranza che dimostrano. Noi pensiamo che vi saranno ancora attacchi di questo tipo perché lo Stato, in ragione del carattere cruciale del periodo attuale, si rivolge verso i suoi alleati parastatali (ogni genere di sbirri e fascisti).
Mentre siamo trascinati sempre più a fondo nel vortice della crisi economica internazionale, diventa chiaro che il capitalismo e l’economia di mercato non sono solamente dei sistemi che fondano un’ingiustizia flagrante e sopravvivono grazie ad uno sfruttamento forsennato, ma anche che essi sono un cancro che non smette di crescere grazie alle sue proprietà parassitarie a scapito della maggioranza della società. Ora che il capitalismo vacilla e che la fiducia nei mercati ed il loro modo di funzionamento è perduta, la situazione finanziaria è sull’orlo dell’abisso senza che si possa sapere se si salverà e a quali condizioni.
La salvezza del sistema richiede sacrifici sempre più difficili da parte degli sfruttati. Così, Stati e governi sono determinati ad imporre nuove politiche di austerità più severe che mai, al contempo assicurandosi che i crudeli meccanismi repressivi siano pronti all’uso in caso di reazione sociale intensa e di ribellione. A causa della crisi economica, una serie di sommosse ha già avuto luogo in diverse regioni del mondo.
Tutto ha avuto inizio allorché l’instabilità del mercato immobiliare e azionario ha portato diversi speculatori a puntare sui mercati alimentari, al fine di fare più profitti possibile. In conseguenza, un aumento assurdo e continuato dei prezzi di beni primari è stato scatenato prima che l’attesa recessione riuscisse a provocare una diminuzione dei prezzi delle derrate alimentari.
La primavera e l’estate 2008 furono marcate da una serie di sommosse per il grano, il riso, il granoturco, dopo che la speculazione borsistica ebbe moltiplicato i loro prezzi in pochi mesi e che milioni di persone nelle regioni povere sono state ridotte alla fame. In Haiti le manifestazioni violente della popolazione affamata (80% vive sotto la soglia di povertà) si sono trasformate in ribellione armata. Sommosse sono scoppiate pure in Egitto, Indonesia, Pakistan, Filippine e in Messico. Mentre la crisi si aggravava, un certo numero di paesi, tra cui molti considerati come le meraviglie del capitalismo moderno, sono caduti uno ad uno. L’Islanda, l’Irlanda (egualmente nominata “tigre celtica” fino a poco tempo fa) e l’Ungheria hanno aperto la strada dei fallimenti di Stato, mentre gli sconvolgimenti sociali han già guadagnato i paesi della sedicente nuova Europa, come Lituania, Lettonia, Bulgaria, dove una violenta reazione sociale si è data in seguito alle misure di austerità imposte dai governi si ingiunzione del FMI e delle potenze economiche sovranazionali. Il sollevamento di dicembre (2008) in Grecia le aveva precedute.
Pertanto tutte queste esplosioni sociali non sono che un inizio.
Allorquando molti pensavano che l’economia greca fosse solida, nel nostro manifesto circa l’attacco contro il Ministero dell’Economia, del dicembre 2005, noi scrivevamo che vi erano forti possibilità di sviluppo di una crisi economica attraverso il mondo, crisi che coinvolgerebbe anche la Grecia.
“La necessità dell’introduzione di fattori di regolazione della mondializzazione dei mercati è sottolineata dagli “attori” finanziari e dall’élite politica, che si rendono conto che l’instabilità, una delle principali caratteristiche della mondializzazione neoliberista, può causare delle gravi incartate entro le società capitalistiche e generare crisi irreversibili. Queste osservazioni furono indotte dalla crisi economica del ’98, dimostrante che le “tigri asiatiche” erano, nei fatti, di carta. Questa crisi si avviò dall’Asia del sud-est, si propagò in diversi paesi e ha dato un colpo estremamente severo all’economia della periferia e semi-periferia del sistema capitalistico, la sua diffusione mondiale ed intensità, trovando sforniti molti attori del mercato.
Il timore di una nuova crisi, ancora più intensa e vasta che potrebbe colpire il cuore del capitalismo, in apparenza impenetrabile, è la ragione per cui i summenzionati arbitri economici e politici studiano l’introduzione di meccanismi di regolazione, funzionanti come valvole di sicurezza per i mercati e a sostegno del decorso della mondializzazione o del sistema economico e politico. Per quanto riguarda la Grecia, la storia ha fornito la prova dell’imbecillità e assurdità del potere politico locale in ciò che concerne il supposto consolidamento dell’economia greca che avrebbe seguito all’entrata nell’Unione Europea, nella zona euro e all’apertura ai mercati internazionali. I residui di una struttura produttiva già in decomposizione vengono travolti dalle forze concorrenziali del mercato libero. Al tempo stesso, non si delineano prospettive per la creazione di nuove strutture produttive, a meno di prevenire a concorrere la Cina sul piano salariale, ciò che suggeriscono gli imprenditori europei. Inoltre, la prosperità fittizia, basatasi per anni sui prestiti al consumo, si sta esaurendo ed il governo greco mina l’avvenire delle generazioni future con un enorme debito nazionale che, di anno in anno, aumenta spettacolarmente in base agli elevati tassi di interesse offerti dallo Stato.
A nostro avviso, la Grecia si trova in una situazione molto difficile e non condividiamo l’opinione di chi pretende che l’essere membro della zona euro funzioni come copertura contro la crisi. I problemi strutturali dell’economia “nazionale” combinati con una tendenza all’instabilità del sistema ne fanno un terreno ideale per una imminente crisi economica, mentre le coordinate geografiche del suo punto di partenza non possono definirsi preventivamente.
Alla ricerca dei principali responsabili dell’attuale grave crisi non possiamo, per principio, non rivolgerci in primo luogo verso l’élite finanziaria, le sue grandi multinazionali così come gli istituti bancari internazionali. CITIGROUP, di cui fa parte CITIBANK, è uno di questi, con le sue numerose filiali e una vasta partecipazione in quantità di imprese attraverso il mondo.
Esso ha iniziato la sua attività in Grecia negli anni Sessanta, quando le multinazionali e la liquidità internazionale erano in piena espansione. La sua creazione venne favorita dall’apertura del paese ai capitali internazionali, come passo sulla via all’internazionalizzazione che la Grecia doveva seguire per entrare nella Comunità Economica Europea (oggi Unione Europea). CITIBANK è evoluta progressivamente sino a diventare il partner privilegiato del governo greco in differenti transazioni finanziarie importanti, come l’emissione di obbligazioni greche con rendimenti preferenziali per CITIBANK. Lo stato greco pagava la banca non solo in denaro ma anche offrendole ruoli chiave negli organismi di Stato, sui quali CITIBANK pubblicava periodici rapporti elogiativi, faccendone aumentare il peso e quindi i futuri profitti.
Durante il mandato del socialdemocratico Simitis, la CITIBANK ha girato a suo favore la svalutazione della dracma, fatta per servire il capitale sovranazionale, ha invaso il mercato borsistico con altri grandi investitori, ha contribuito all’esplosione di questo mercato nel ’99 ed ha giocato un ruolo di primo piano nel saccheggio delle enormi quantità di denaro provenienti dai conti di risparmio, in seguito riversati sul mercato borsistico. Dopo il crollo del mercato borsistico, CITIBANK è tornata in primo piano con altri gruppi finanziari stranieri ed ha razziato per un tozzo di pane gran parte delle quote delle imprese greche. Di conseguenza la quasi totalità dell’economia greca è stata posta sotto il controllo del capitale internazionale. Così CITIBANK ha esteso il suo controllo su numerosi territori del Mediterraneo orientale e dei Balcani e l’amministrazione bancaria in Grecia si è fatta carico della messa in opera della politica di CITIGROUP in una larga cerchia di paesi vicini.
CITIBANK è stata peraltro il principale consulente dello Stato greco riguardo le privatizzazioni ed ha condotto l’applicazione delle politiche neoliberiste nel nostro paese a favore delle privatizzazioni del settore pubblico e del saccheggio delle ricchezze nazionali da parte dei giganti capitalisti. Questa banca, a parte i profitti realizzati sul commercio delle obbligazioni greche e l’acquisto del debito nazionale, ha già accumulato enormi profitti sui prestiti accordati alle famiglie greche, sistematicamente spogliate dei loro risparmi da tutte le banche nel corso degli ultimi anni. Abbiamo a che fare con una delle principali istituzioni finanziarie, che ha partner tra le famiglie più potenti dell’élite finanziaria mondiale e degli USA in particolare. CITIBANK serve gli interessi di alcune tra le persone più ricche al mondo. È la ragione per cui istituti come CITIGROUP, JP MORGAN e DEUTSCHE BANK non possono essere abbandonati alla loro sorte e crollare, senza che i governi facciano tutto il possibile per mantenerli in vita.
Il fiume di centinaia di miliardi di Euro, Dollari, Yen verso le mostruosità usuraie multinazionali costituise un trasferimento senza precedenti - nella storia dell’odierno sistema economico – di ricchezza dalla base sociale all’elite finanziaria, condotto dai governi nazionali e dalle banche su un periodo di qualche mese.
In ragione della crisi, la bolla economica fittizia che queste istituzioni hanno presentato è stata infine svelata, e quando dei “giganti” quali CITIGROUP si son ritrovati sull’orlo del crollo, sono stati piazzati sotto protezione dello Stato per essere riformati e “risanati” – pratica finanziata dai contribuenti, ovviamente – alfine di reintegrare in seguito il gioco di mercato. È certo che enormi quantità di liquidità non smettono di affluire alle casse delle banche, per equilibrare i loro debiti abissali, nel mentre altre misure supplementari saranno prese per la salvaguardia dei profitti dei principali azionisti. Si è dunque deciso che i debiti saranno assorbiti dai governi nazionali, e che delle “banche-spazzatura” verranno create in cui sversare gli investimenti “tossici” non redditizi, con la vita e l’esistenza stesse della maggioranza della società ipotecata. Oggi, i governi in Europa e USA possono pure criticare in pubblico la cattiva gestione delle banche e l’avidità dei loro dirigenti, ma essi stessi avevano approvato e sostenuto con tutti i mezzi la politica aggressiva che questi gruppi finanziari applicavano da decenni, spinti dall’avidità di profitto. Infatti, non bisogna trascurare il fatto che, nell’economia di mercato, questa avidità è l’essenza stessa di qualsiasi realzione. È la forza motrice del capitalismo, la fiamma che scatena l’antagonismo, portando il profitto al capitale e alimentando la crescita del sistema. Come la concorrenza degli investimenti è sempre stata il motore della potenza dello sviluppo capitalistico, la cupidigia sarà sempre il reattore del sistema economico. Ed essendo che gli organismi di investimento, in concorrenza gli uni con gli altri, diventano sempre più importanti, è naturale che la speculazione basata principalmente sul credito si sviluppi al di là di ogni proporzione e che la bolla in rapporto a tutti questi tipi di debiti continui a gonfiarsi.
La cupidigia è il valore principale del capitalismo, quello che contrassegna l’immoralità assoluta del sistema, divinizza il denaro, il potere e l’autorità, detesta ogni senso della solidarietà e disprezza il valore della vita umana, In fin dei conti, il sistema non valorizza che ciò che porta un profitto. Per i dirigenti del sistema economico nessun essere ha valore in sé, e ogni relazione sociale non associata alla spartizione di interessi finanziari ai rapporti interni, è senza valore. La loro indifferenza verso il mondo ha raggiunto un punto tale in cui possono portare nazioni intere alla fame, povertà e morte, senza alcuno scrupolo morale. E’ certo che non vi è alcun trader, speculatore di valori mobiliari o investitore, che traffichi miliardi quotidianamente e che si senta colpevole del fatto che un piazzamento, per esempio sull’aumento del prezzo del grano, possa avere conseguenze mortali per certa gente o che possa aggravare la crisi alimentare per milioni d’altri. Questo genere di persone è inebriato di potere, non certo tormentato da sensi di colpa. In fondo, si sa che durante i periodi di grandi profitti, pretendevano d’ essere e si comportavano come i “padroni dell’universo”. In una società alienata dall’immoralità e dall’individualismo, come preconizzati dall’élite politico-finanziaria, essi sono considerati in quanto professionisti rispettabili e realizzati grazie ai loro attivi.. Ma non saranno mai altro che dei criminali crudeli che fanno fortuna succhiando il sangue dei gruppi sociali deboli. Loro unica preoccupazione è il sapere se i loro guadagni sono “ben piazzati” o sono minacciati o se il loro patrimonio è cresciuto. Ciò che vendono non ha importanza. Può trattarsi di prestiti ipotecari, di debiti nazionali, di petrolio o frutti secchi. La massimizzazione della produttività è tutto ciò che conta e i massacri fanno “parte del gioco”, se ciò è necessario per ottenere rendimenti più alti.
Oggi il governo mendica in ginocchio gli “onorevoli” investitori affinché acquistino obbligazioni greche, e lo Stato è pronto a pagare a tariffa piena, cioè ad un tasso di interesse enorme. Si sa che in ragione dei deficit e dei debiti la Grecia è diventata una destinazione di investimento “ad alto rischio”. Rischio che si ripercuote sui tassi di interesse del prestito che, a sua volta, è ritenuto dare più sicurezza agli investitori, indipendentemente dal fatto che la richiesta crescente di regolamentazione sui prestiti porti il paese diritto al fallimento. In Grecia, come in molti altri paesi, viviamo sotto un establishment schiavista, il capitale sovranazionale agisce per imporre –via i debiti ed i deficit, usati come intimidazione- le condizioni più atroci di fiscalità, lavoro, salari e pensioni. Condizioni che nessuna società potrebbe e dovrebbe tollerare. Nello stesso senso, le società non dovrebbero mai consentire tagli nel settore pubblico o la morte lenta di settori come la sanità pubblica e la chiusura di ospedali, a benefico dei grandi usurai.
I criminali che tengono le redini del mercato monetario internazionale sono già partiti all’assalto dell’acquisto del debito, mirando alla speculazione su grande scala! Allo stesso tempo, le scommesse sul possibile crollo di diverse nazioni sono al massimo delle preferenze del mercato, nel mentre CITIBANK ha avviato una politica aggressiva di speculazione rispetto alle obbligazioni greche. In fin dei conti, vi può essere un considerevole ritorno per il capitale, ma in breve tempo assisteremo al fallimento di un certo numero di nazioni coperte di debiti, schiacciate dal mercantilismo e dalle pressioni politiche per gli aggiustamenti neoliberisti.
L’ex governo greco conservatore di Nea Dimokratia era disposto ad accettare, senza condizioni, tutti i termini imposti dal capitale onnipotente, poco importa che fossero insopportabili, ad applicare di forza pure le ingiunzioni più,estreme dettate dal mercato e dalle alleanze politiche servili quali l’Unione Europea e dissanguare la società greca per onorare le sue obbligazioni verso i creditori. Naturalmente il governo pensa che i mercati non abbandoneranno la Grecia perché devono garantire la stabilità dell’establishment nel paese e nella regione. Inutile dire che qualsiasi altro governo farebbe la stessa scelta. E non parliamo solo del Pasok socialdemocratico –il partito attualmente al potere- e dei conservatori di N.D., partiti che si sono alternati al potere dal 1974, ma pure di Synaspisnos, la coalizione di sinistra e dei comunisti del KKE. Quanto all’estrema destra del Laos, le loro convinzioni politiche e le loro dichiarazioni parlano da sole. In tutti i casi, una decisione politica di rifiuto di rimborsi del debito nazionale una volta per tutte si tradurrebbe in una rottura definitiva con i mercati, cosa che non è tra gli obiettivi di tutti questi partiti.
La volontà politica di una società liberata per davvero dal peso del debito nazionale –un peso che noi non possiamo e non vogliamo portare- è strettamente legata all’idea di una società determinata ad opporsi all’insieme della situazione politica, ad affrontare il sistema economico e politico e a rovesciare il regime che ci tiene in schiavitù.
Per tutte queste ragioni noi ci scusiamo con il popolo greco per non essere riusciti a far saltare la sede di CITIBANK.
Il sistema finanziario porta la più grande responsabilità rispetto la situazione attuale, alla quale tutti quanti sono confrontati. Tuttavia, i governi nazionali, le grandi imprese e le banche sono egualmente responsabili. La crisi odierna è il risultato di un sistema economico mondiale, concepito in comune da tutti i dirigenti economici e politici; un sistema che è la peggiore e la più vasta delle operazioni omicide della storia dell’umanità! Di conseguenza, i proletari del mondo intero non possono partecipare al salvataggio del sistema. Non possiamo permettergli di farci pagare una crisi che lo Stato e i padroni comparano a… una tempesta, una calamità naturale per la quale nessuno è da rimproverare. Non abbiamo alcun motivo di aiutarli a colmare il vuoto creato dalla crisi tra il capitale e la società. Al contrario, abbiamo l’obbligo di sbarazzarci di tutti i bastardi del potere economico e politico una volta per tutte, affinché l’umanità possa essere finalmente liberata da questi criminali.
Poiché abbiamo fatto riferimento alle strategie economiche, dovremo essere più precisi. Noi pensiamo che la c risi odierna sia la peggiore nella storia del capitalismo e dell’economia di mercato. E’ in effetti la prima crisi mondiale di una tale ampiezza, coinvolgente tutti gli ambiti dell’attività economica e diffusa in tutto il pianeta a causa dell’interdipendenza profonda sotto il manto della mondializzazione economica. Inoltre, malgrado le importanti differenze qualitative con il crack del 1929, l’episodio attuale è più grave in ragione della sua ampiezza e perché il sistema poteva essere molto più controllato in passato. Oggi il sistema è incontrollabile da lungo tempo e gli avvenimenti hanno preso una dimensione inimmaginabile e inconcepibile, persino per i capitalisti stessi. Di conseguenza, né il capitale, né i meccanismi statali o, ancora, le istituzioni finanziarie internazionali e le banche centrali, possono fare valutazioni adeguate.
Per quanto la crisi attuale possa essere iniziata con il crollo delle ipoteche immobiliari a bassa solvibilità, negli USA, la causa reale va cercata altrove. Quando è apparsa la bolla immobiliare, una crisi senza precedenti è stata scatenata sulla solvibilità delle banche e dei loro strumenti finanziari, prima tanto esaltati da tutti i mercati nell’epoca d’oro dei profitti mirabolanti. Quando i prestiti a rischio sono stati trasformati in titoli e la loro rivendita ha causato la propagazione di un debito inestimabile ad una interminabile serie di ambiti finanziari (investimenti, assicurazioni, fondi pensione…), la fiducia nel mercato è stata messa a dura prova per, infine, dissolversi. Di conseguenza le banche han continuato a scoprire nuovi buchi neri di debiti, le imprese che si identificavano con la storia del capitalismo degli ultimi venti anni crollano (per es. Lehman Brothers) ed i grandi investitori ritirano tutto ciò che possono da un mercato che non è più affidabile.
I giorni dei rendimenti elevati sono finiti e la liquidità è ritirata dal mercato e ciò porta alla fase più rischiosa per il sistema, chiamata “trappola a liquidità”. Il denaro c’è, ma è tenuto in disparte dal gioco dato che nessun investimento sarebbe redditizio. Perciò l’élite sovranazionale, che si dilettava dei profitti scandalosi durante anni, attraverso metodi indiretti di saccheggio, come la Borsa e l’usura, ha interrotto il flusso di liquidità in attesa di giorni migliori.
L’effetto domino dei crolli dell’attività economica, attraverso in mondo, in seguito alla crisi, è legato al fatto che l’immensa bolla dello sviluppo capitalistico mondiale sta scoppiando. Questo si può spiegare con il fatto che tutti i considerevoli aumenti nelle forze di mercato ed economiche, nel corso degli ultimi decenni, si sono basati il più delle volte sulla circolazione di massicce quantità di capitale fittizio, creando le condizioni di una prosperità fasulla o, più precisamente, a credito e poggiando su una bolla di debito che non smette di crescere. E dato che la bolla della crescita capitalistica mondiale si estende in proporzione della bolla della prosperità americana, lo scoppio di quest’ultima ha sconvolto nei suoi fondamenti il modello di crescita attuale, sviluppattosi secondo i principi della mondializzazione neoliberista.
La bolla della crescita capitalistica mondiale cominciò a formarsi molti anni fa, durante il periodo considerato da molti socialdemocratici e politici di sinistra come “l’età dell’oro”. Ci riferiamo all’epoca del dopoguerra, quando i profitti elevati delle imprese marciavano di pari passo con i salari soddisfacenti per il lavoro ed il capitalismo sembrava beneficiare di un periodo eccezionale di stabilità relativa, grazie al compromesso sociale e di classe tra capitale e lavoro, realizzato con il fondamentale apporto della sinistra. Fintanto che gli alti salari non minacciavano i margini di profitto e fintanto che il capitale poteva poggiare sull’espansione dei mercati nazionali, questo strano compromesso sociale si è mantenuto. Durante questo tempo il capitale riuscì a recuperare il prestigio gravemente intaccato da due guerre mondiali e da una crisi economica maggiore. In seguito, invece, il compromesso di classe non era più necessario. Peggio: nuoceva ai profitti.
Le multinazionale sono state il risultato dell’accumulazione del dopo guerra ed esse hanno cominciato a guadagnare terreno pesantemente negli anni Sessanta. Il boom dei gruppi multinazionali si è accompagnato a una serie di acquisizioni e fusioni, grazie alla speculazione in Borsa. In quei tempi di ricostruzione si produsse per la prima volta uno sforzo frenetico per il plusvalore derivante dai mercati borsistici e si formò la prima bolla di profitto. A quest’epoca cominciò a svilupparsi un nuovo settore di formazione del profitto derivante dal saccheggio dei crediti tramite metodi indiretti. Inoltre, con l’emergere dei “gestori del capitale” cominciò ad affermarsi una serie di nuovi campi e di strumenti finanziari. Questo primo boom del mercato azionistico non solo ha fatto aumentare i profitti delle società in poco tempo, grazie all’espansione gigantesca delle multinazionali, ma ha permesso anche di ristabilire la supremazia di classe del capitale sul lavoro.
In ragione della crescita capitalistica di questo periodo, il mercato si è riempito di denaro. I profitti scandalosi del petrolio vi hanno inoltre contribuito in larga misura. Sono state soprattutto le banche americane a prendere il controllo del riciclaggio dei petrodollari, che hanno inondato il mercato, con il ruolo di primo piano della First National City Bank (il nome di allora della CITIBANK). Le enormi quantità di petrodollari che hanno riempito le casse della banche, soprattutto americane, e il fiorire delle multinazionali, hanno aperto un nuovo mercato, su cui gli eurodollari (dollari investiti all’esterno degli USA) erano prestati con facilità e senza restrizioni istituzionali.
Grazie a questa apertura, il capitale borsistico ha potuto esercitare la pressione che voleva per pervenire alla sua liberalizzazione, riuscendo a superare praticamente tutti gli ostacoli sulla sua strada. Ciò che i governi hanno fatto è stato l’avvallare politicamente questa tendenza, in maniera retrospettiva, fornendo il quadro istituzionale appropriato tramite cui è stata riconosciuta e recepita la richiesta capitalistica per lo sviluppo di attività operative indipendenti, libere da interventi statali, da indagini e restrizioni. Era la fine di un’era di interventismo statale sui mercati e l’alba del neoliberismo, un cambiamento storico essenzialmente consecutivo al dinamismo dell’economia e del capitale, certamente non frutto di un complotto di personalità politiche neoliberiste.
Il mercato dell’eurodollaro si formò contemporaneamente alla prima crisi petrolifera del ’73 ed ha rilanciato il credito internazionale, cosa che spiega effettivamente il forte rialzo dell’inflazione di quel periodo. Sotto la pressione delle società finanziarie internazionali che avevano acquisito notevole potere nel corso di quegli anni, gli Stati si sono mossi per proteggere i profitti contro le pressioni inflazioniste, al rialzo dopo la crisi petrolifera del ’79 ed i lavoratori hanno cominciato a subire i primi attacchi pesanti. Da allora, i governi azionari e le banche centrali, FED in testa, hanno adottato la dottrina monetaria di Milton Friedman, che introduceva il controllo della massa monetaria e il cui scopo era limitare i salari e ridurre il consumo alfine di abbassare l’inflazione e assicurare profitti ai plutocrati.
E’ il momento in cui il neoliberismo come politica governativa si è innalzato contro la classe operaia. Il contratto provvisorio di pace di classe tra capitale e lavoro è stato stravolto sistematicamente, gettato nella spazzatura della storia. E’ il momento in cui tutte le battaglie vinte dai sindacati sono diventate storia; l’epoca in cui i sindacati hanno rivendicato ed ottenuto una certa ridistribuzione di profitti verso i lavoratori appartiene al passato. E di fronte al capitale che lanciava la sua controffensiva contro la società, i sindacati hanno scelto di allinearsi sui partiti riformisti della socialdemocrazia, invece di cercare lo scontro finale e la vittoria sulle forze del sistema.
Pertanto, nella prospettiva del loro accesso al potere, i riformisti hanno adottato una interminabile serie di tattiche difensive miranti alla preservazione dei diritti acquisiti ed i lavoratori sono stati portati sempre più verso un compromesso disastroso e una ritirata infinita, di cui oggi viviamo le conseguenze, ora che le condizioni di lavoro medievali prevalgono nella società.
Dagli anni ’70, un pugno di istituzioni finanziarie, principalmente di origine americana, controllano i flussi mondiali di capitali ed il mercato globale, direttamente o indirettamente tramite l’applicazione di un modello di concentrazione brutale che non ha nulla da invidiare al modello violento e predatore dell’accumulazione primitiva all’alba del capitalismo.
La sottomissione del pianeta al mondo della finanza è stato seguito dallo sviluppo di un ampio ventaglio di strumenti utilizzati per il saccheggio e l’espropriazione della ricchezza sociale, quali i piazzamenti azionari, le frodi di investimento accompagnate da investimenti ad alto rischio, acquisizioni e fusioni tramite credito e controllo delle azioni. Uno strumento supplementare è la crescita del debito nei paesi della periferia e pure del centro del capitalismo, debito che servisse le società nel mentre le banche giocano il ruolo di moderni conquistatori. Durante gli anni ’70 e sotto la pressione dell’eurodollaro la liquidità crescente trovava il suo sbocco nei mercato del debito. Nel giro di qualche anno i paesi africani sub-sahariani e l’insieme dell’America Latina hanno ricevuto una gran parte di questi ammassi di liquidità, sotto forma di prestiti destinati a diventare una spada di Damocle sulla testa dei paesi vulnerabili. Alla grande festa messa in piedi attorno al debito internazionale le banche americane hanno aperto il ballo con Citybank come pioniere. Negli anni ‘60, questa società ha avviato la politica aggressiva delle banche che reclamavano una parte della liquidità ed essa ha messo fine all’epoca del “traumatismo psichico” che le banche avevano subito con la Grande Depressione ed i fallimenti degli anni ’30.
E’ in questo contesto che si è formata la seconda bolla del dopo guerra. Era la bolla del debito. E, come certi grossi speculatori amano dire, “non c’è nulla di più redditizio che investire giusto quando la bolla comincia a formarsi”. Le banche commerciali hanno continuato a concedere capitali considerevoli ai paesi sottosviluppati, attraverso prestiti garantiti dai governi, dalle banche centrali e dal FMI, ovviamente. In seguito al conseguente rialzo dei tassi di interesse, i debiti delle nazioni si sono moltiplicati in pochi anni. I paesi d’America Latina e d’Africa sono stati gravati di montanti superiori all’insieme del loro capitale nazionale e dei loro attivi.
Quando si suggerì di dare un aiuto finanziario ai paesi più duramente coinvolti nel debito esterno, il cinico direttore esecutivo di Citybank, Walter Wriston dichiarò che andavano puniti e privati di aiuto, visto che non onoravano i loro impegni verso le banche. E allorchè queste nazioni hanno finito per essere soffocate finanziariamente dai corvi del sistema bancario, la minaccia di crollo del sistema finanziario è stato per la prima volta collegato non già ad una mancanza di liquidità, ma alla precaria stabilità delle banche. Wriston ha allora rigirato la sua giacca, affermando che “i paesi non falliscono”, ciò che significa che poco importa il modo di agire delle banche, i paesi son sempre lì come garanti alla sicurezza finanziaria.
Mentre Africa e America Latina erano vittime di carestie e le malattie cominciavano a sterminare una gran parte della popolazione, il FMI è volato in soccorso delle banche prestando alle nazioni più indebitate il capitale necessario al fine di regolare i loro prestiti ed evitare il crollo del sistema bancario. I prestiti di “ripresa” concessi da FMI e BM erano accompagnati da molte condizioni orribili per la ricostruzione neoliberista che i paesi indebitati dovevano applicare. In ragione di tali condizioni, i paesi sono stati forzati –dopo aver smantellato ogni politica di carattere sociale- a vendere i loro attivi al capitale sovranazionale, cosa che ha provocato la caduta e la devastazione dell’attività socio-economica. La dittatura dei mercati cominciava.
Il saccheggio delle risorse dei paesi sottosviluppati è stato talmente intenso che molti tra loro si trovarono demuniti, incapaci di fornire capitali alle banche multinazionali e, nell’ 82, l’ondata di prestiti internazionali degli anni ’70, si èn trasformata nella prima crisi bancaria internazionale del dopo guerra. Le condizioni di apertura dei prestiti accordati dal FMI e dalla BM, lungi dal risolvere il problema, hanno peggiorato, in molti case, le cose.
Quando la bolla del debito è infine scoppiata e numerose banche si ritrovarono minacciate di crollo, il governo americano è intervenuto convertendo il debito restante in obbligazioni garantite dallo Stato americano, e distribuendole a migliaia di acquirenti, cosa che ha condotto alla propagazione del rischio di credito. A partire da queste obbligazioni –denominate obbligazioni Brady, in riferimento al segretario americano al Tesoro, Nicholas Brady che le ha emesse – il mercato delle obbligazioni del settore pubblico emerse.. Non solo impedì che le banche crollassero, ma creò ugualmente un ambito dei più promettenti per la formazione di nuovi profitti, sul quale i piccoli e grandi corvi del capitale si sono precipitati. La prevenzione del crollo sostenuta dallo Stato ha introdotto libertà operativa per il capitale e la politica predatrice dell’élite finanziaria ha incoraggiato e preservato la concentrazione che offriva maggior sicurezza al sistema.
Sostenuta dalla rivoluzione tecnologica, la mondializzazione neoliberista si è imposta a partire dagli anni ’80 ed i mercato dei capitali internazionali si sono allargati. Al tempo stesso i governi hanno intensificato l’aggressione contro la società in modo tale che si è consolidato il dominio di classe del capitale. Inoltre, una parte sostanziale delle liquidità proveniente dal taglieggiamento dei lavoratori e dal saccheggio dei paesi sottosviluppati –e mentre le società si piegavano ai capricci dei mercati- il lavoro veniva “aggiustato” su domanda del capitale. La spremitura a fondo delle società occidentali avanzava. Con l’esuberanza dei mercati borsistici ebbe luogo il secondo boom del dopo guerra in Occidente. Durante tale periodo l’80% del capitale mondiale era concentrato tra USA, Europa occidentale e Giappone. E’ la fase in cui la politica del credito è aumentata in maniera spettacolare. Nuovi strumenti di espansione a rischio sono stati inventati, promettenti sicurezza agli investitori, e la nuova generazione di investitori ed investimenti a rischio è stata creata dal prestito elevato. E’ la fase in cui sono introdotti i nuovi prodotti derivati, praticamente sconosciuti sino ad allora, trasformando il mercato in una febbrile partita di casinò. E’ il momento in cui si afferma una nuova cultura dei profitti rapidi, mentre l’arricchimento temerario, senza scrupoli morali, si è fatto posto nella società ed in cui si sono dati i peggiori attentati della storia alle relazioni basate su ideali di solidarietà e mutuo beneficio. Politici e dirigenti finanziari hanno avanzato la ricerca della prosperità individuale come fine ultimo, così come la proprietà privata è diventata il più sacro di tutti i beni.
Il boom del mercato borsistico è stato seguito di nuovo da un crollo. Tuttavia la crisi borsistica della fine anni ’80 non ha portato colpi irreversibili al sistema perché il sostegno finanziario degli Stati e delle banche centrali, una volta di più, è stato generoso. La crisi è stata “superata” con acquisizioni e fusioni movimentate, che hanno marcato l’emergere di una nuova concentrazione finanziaria e hanno messo le società per azioni al centro dell’attività economica moderna. Accumulata nelle metropoli capitalistiche, la liquidità eccessiva si muoveva continuamente alla ricerca di sbocchi e quindi sono sorti nuovi mercati. Il mercato dei prestiti alle famiglie dei centri capitalisti era destinato a soddisfare i bisogno dell’ “uomo occidentale”, bisogni creati dal mercato stesso per lui.
Negli anni ’90 la mondializzazione neoliberista è parsa come l’ambiente ideale per la più rapida e feroce concentrazione di potere finanziario nelle mani di un’élite finanziaria diventata allora invincibile. Questo trasferimento a lungo termine di ricchezza dalla base sociale verso l’alto della gerarchia finanziaria internazionale era senza precedenti nella storia dell’umanità. Gli attivi dei 15 uomini più ricchi al mondo superavano il PIL di tutta l’Africa sub sahariana, un pugno di banche deteneva e gestiva la maggioranza delle liquidità internazionali e meno di cento multinazionali controllavano la produzione mondiale. I profitti si sono accumulati nel mondo finanziario, mentre i capitali privati hanno acquisito una mobilità eccezionale in ragione della completa libertà di sfruttamento di cui beneficiavano ed hanno preso la forma di portafogli di investimenti dove i piazzamenti a breve termine perseguivano una redditività massima ed immediata. Il mercato dei cambi, il mercato dei prodotti derivati, i mercati borsistici ed il mercato del debito, sono diventati i campi di predilezione dei nuovi ricchi del mercato mondiale.
Il mercato dei prodotti derivati non è altro che la scommessa sulle tendenze dei prezzi di una serie di prodotti di base e di indici, quali i tassi di interesse, le divise, le derrate alimentari, materie prime, azioni, ecc. E il loro sviluppo rapido è stato al centro degli anni ’90. Tutto il valore nominale degli attivi di questo mercato è schizzato dai 5,7 miliardi degli anni ’90 a più di 500’000 miliardi di dollari oggi, montante che corrisponde a circa l’800% del PIL mondiale. La gran parte di questo mercato è detenuto da meno di dieci banche di investimento, con Citybank dominante.
Per quanto durante gli anni ’90 ed i primi del 2000 il sistema capitalista e l’economia di mercato sembrano resistere a tutti i colpi subiti, le crisi attraversate hanno comunque avuto un impatto finanziario e sociale enorme sulle società. In effetti il sistema già viaggiava male e, tutto impegnato a rigenerarsi dopo una crisi, un’altra e ancor più grave crisi si preparava.
Le vittime seguenti del capitale sovranazionale furono i paesi dell’Asia del Sud-Est. L’attacco lanciato dai mercati contro questi territori è stato pianificato e organizzato diversi anni prima ed è stato la più grande operazione per riportare capitali dalla periferia al centro delle metropoli capitaliste. Il ruolo di primo piano di questo raid è stato ancora una volta svolto dalle banche dei paesi sviluppati, particolarmente da quelli europei. Società devastate e una escalation di disoccupazione e povertà vi fecero seguito. L’assalto del capitale sovranazionale era concertato e la speculazione si estese al mercato immobiliare, alle divise, alle obbligazioni, così come a tutti gli altri campi delle economia nazionali dove potevano ricercarsi rendimenti elevati.
I debiti dei paesi cominciarono a crescere e i loro budget a deteriorarsi. Allorché i profitti si sono gonfiati smisuratamente e le monete sovrane sono crollate, i capitalisti hanno svuotato i loro conti e sono sparito, lasciando rovine dietro di sé. Paesi come la Thailandia, la Corea del Sud, Malesia e Indonesia si sono trovati nel vortice di una crisi di lunga durata, mentre i capitali si precipitavano –come li pensavano- nei ripari protetti delle metropoli capitaliste, abbandonando i paesi della periferia. Fu poi il turno dei territori d?America Latina, Africa del Sud, Russia, ad essere trascinati nel vortice della crisi finanziaria.
I mercati dei paesi sviluppati non si sono spaventtati per questi crolli. Al contrario, sono stati stimolati da una prosperità senza precedenti in ragione dell’afflusso di capitali nelle metropoli capitaliste a partire dalla periferia.
Questa prosperità ha generato più profitti e più bolle. La “nuova economia” era la “nuova performance”. Un nuovo campo di frode venne introdotto, nel quale le imprese venivano create da un giorno all’altro per vendere aria fritta e presentare cifre fittizie, basate sulla speculazione in Borsa. Il crollo non ha atteso granché per profilarsi e la paura di una crisi generale nel cuore del capitalismo è diventata forte. Le banche centrali hanno tentato di abbassare in maniera concertata i tassi di interesse, al fine di equilibrare il mercato ed aumentare la liquidità. E’ il momento in cui l’apertura di prestiti bancari è esplosa e il mercato dei prestiti alle case ipotecate, di debole solvibilità, ha prosperato negli USA; un mercato che ha finito di sprofondare il giorno che il popolo americano impoverito non potè più reggere il peso della speculazione bancaria in continua espansione.
Una serie di bolle si sono sviluppate nel corso della primavera della mondializzazione neoliberalista –quali la potente crescita cinese e l’Eldorado del’economia dell’Europa orientale, verso le quali le banche greche si sono gettate come dei porci nel fango, spremendo le società di questi paesi e iniziando anch’esse a scoppiare, generando nuove minacce, sempre più gravi, per la stabilità del mondo finanziario e politico.
Ciò che sta realmente succedendo è che tutta la struttura della concentrazione del capitale ha toccato i suoi limiti ed il crollo dell’attuale modello di crescita capitalistica è iniziato. Questo è il risultato della lunga applicazione delle tattiche di predazione più feroci in nome del sistema che ha pompato le ricchezze prodotte dalla base sociale per portarle alla testa della gerarchia finanziaria. Ed è questa la ragione per cui la crisi finanziaria è stata covata durante decenni, nel mentre le società soffrivano sotto la tirannia del capitale, sempre più spietato via via che la mondializzazione avanzava. Il capitale ha assunto una taglia gigantesca, con il supporto dei governi e di istituzioni finanziarie internazionali come il FMI ed ha generato crisi sempre più gravi, l’una dopo l’altra. Questi crisi susseguenti, generate dal capitale, hanno devastato le società e fatto avanzare la supremazia finanziaria delle élite e dell’autorità statale. La leadership finanziaria è stata trascinata dall’illusione -alimentata da uno stato di diritto onnipotente – di estrarre profitti eternamente, ignorando le conseguenze disastrose di un tale implacabile sfruttamento sociale. Illusione mantenuta viva nonostante il fatto che i settori più vulnerabili della popolazione mondiale abbiano cominciato a soffrire condizioni di distruzione economica e sociale totali. Ora che la crisi ha investito la maggior parte delle funzioni vitali del sistema e che le popolazioni che fino a poco fa beneficiavano di una relativa prosperità finanziaria sono state repentinamente marginalizzate, diventa sempre più chiaro che il sistema d’economia di mercato ed il capitalismo non solo sono intrinsecamente ingiusti, ma che sono anche invivibili e disastrosi per l’umanità e la natura intera. Oggi, un’organizzazione economica e sociale alternativa è, al tempo stesso, un imperativo morale ed una necessità impellente per la nostra sopravvivenza.
Col senno del poi, allorquando la crisi spazza tutto e minaccia di demolire strutture, meccanismi e alleanze, i vecchi sostenitori del libero mercato, provenienti dal lato socialdemocratico e da quello neoliberista si affrettano ora ad affermare che “la capacità auto regolatrice del mercato è stata sopravvalutata” e che una volontà politica “di intervento e controllo è indispensabile”. Può darsi che qualcuno di questi maestri politici non abbia che una limitata conoscenza e ignoranza del sistema che servono. Tuttavia, noi pensiamo che la maggior parte di essi siano semplicemente dei bugiardi e degli ipocriti che tentano disperatamente di dissimulare le frodi e gli inganni attuati sino ad ora al fine di imbrogliare la società, e che declinano ogni responsabilità nella genesi della crisi mondiale. In generale si battono disperatamente per mantenere i privilegi della loro autorità, sperando –ancora una volta- che “gli ignoranti” si affidino alla loro buona volontà nell’ “aiutare il paese ad uscire dalla crisi il più dolcemente possibile”. Non si può non scandalizzarsi alle dichiarazioni di un ex membro del governo conservatore, Savvas Tsitourides, quando afferma che “noi non possiamo permettere al capitale ed ai banchieri di dirigere l’economia”. Tsitourides è conosciuto –tra l’altro- per aver giocato un ruolo di primo piano nella frode delle obbligazioni emesse dalle teste fini del governo, con tutta la coorte di traiders e banchieri, al fine di fare man bassa sui fondi previdenziali, che ovviamente sono già sprofondati uno dopo l’altro. Certo, non è il solo a presentarsi oggi come giudice del capitale, come la maggior parte dei capi di governo nel mondo, che danno luogo al più gran spettacolo di inganno ed ipocrisia di fronte al montare della rabbia sociale.
Il ritorno di tutti i governi all’idea di rafforzare l’intervento dello Stato nell’economia non è certo l’applicazione di una politica socialmente cosciente, quale viene rapidamente immaginata dagli adepti dell’interventismo statale. Hanno infine realizzato che le iniezioni di liquidità e le nazionalizzazioni di banche in corso non hanno nulla a che vedere con le ridicole dichiarazioni diffuse attraverso la stampa sulla “giustezza di Keynes”, il “ritorno della socialdemocrazia” ed altre balle. Al contrario, lo Stato impegnato nel dirimere la concentrazione di capitale, cercherà di imporre nuove drastiche misure per intensificare lo sfruttamento dei lavoratori e va ad aggravare al massimo la violenza di Stato contro la società, per aprire la strada alla terribile era del totalitarismo che succederà alla crisi.
Tutti coloro che sinora han creduto ad una possibile umanizzazione del sistema, coloro che credevano che le società potessero richiedere e migliorare il livello di vita nel quadro legittimo della rivendicazione, vedono crollare sotto i loro occhi tutte le illusioni sui margini concessi dal sistema in termini di azione e opposizione. Vedono cadere le ultime postazioni della sinistra riformista e si rendono conto che, d’ora in poi, tutti quanti, senza eccezione e indipendentemente dalle convinzioni politiche, devono prendere posizione. Saranno o ingabbiati dalla legalità del regime, o autenticamente contrapposti all’establishment.
Il nostro tempo sembra estremamente interessante e offre possibilità uniche a coloro che vogliano battersi. La crisi in corso porta alla disintegrazione della relazione tra il capitale e la società e le élite si trovano confrontate a delle maggioranze sociali. La divaricazione tra i regimi autoritari e le masse soggette si allarga. Questa è l’occasione per un movimento rivoluzionario di impedire le nuove forme di negoziato tra la società e l’autorità, lottare contro ogni manipolazione della rabbia sociale e definire il ritmo e l’orientamento sociale del rovesciamento. Basta rendersi conto che non viviamo più nella “società dei 2/3”, fatalismo e apatia non dominano più. Il sistema stesso ha aiutato la morte delle illusioni e reso possibile lo svelamento della crudeltà caratteristica dei criminali del potere finanziario e politico.
In risposta a coloro che pretendono che le condizioni non siano ancora mature per avviare un processo rivoluzionario, di cui la lotta armata fa parte, noi affermiamo che le condizioni oggettive, quali esposte nell’analisi del sistema e del periodo in questione, non sono state mai così favorevoli. La messa a nudo del modello di sviluppo dominante, a smentita di tutte le forme di credulità sociale, ha scatenato una crisi maggiore che diventa una minaccia per tutti i governi del mondo, senza eccezioni. Il regime, in ragione delle condizioni da esso stesso create, è entrato in una fase di destabilizzazione, è diventato estremamente vulnerabile di fronte all’ampia corrente sociale e politica che si organizza e tenta di attaccarlo. Se chi si definisce come oppositore contro l’individualismo non è in grado di cogliere le differenze tra il presente ed il passato quando il consenso neoliberista dominava, allora è o troppo ignorante per ammettere la realtà della crisi –non facendo attenzione alla differenza qualitativa della nostra epoca ed insistendo su una “lotta di routine”- oppure prende coscientemente una posizione anti-rivoluzionaria che lascia spazio al potere per recuperare. Quelli che cadono nella prima categoria, essendo fuori dal tempo e dallo spazio, si ritroveranno a correre dietro gli avvenimenti sociali, incapaci di spiegare né i fatti né lo stesso tempo presente. Quanto ai secondi, finiranno probabilmente per fronteggiare coloro che cercheranno di formare un vero movimento rivoluzionario, degno delle esigenze del nostro tempo.
Le rivoluzioni necessitano di due fattori storici per aver luogo. Come prima ricordato, il primo parametro è quello delle condizioni oggettive e queste sono ormai riunite. Il secondo parametro è quello soggettivo e consiste in un ampio movimento rivoluzionario, determinato –quale ne sia il prezzo- ad avanzare un piano duttile di rovesciamento del potere, in comune con i settori locali in rivolta. Non dobbiamo contare che su noi stessi per cominciare, ora, affinché la crisi si trasformi in pietra tombale del sistema.
OPPONIAMOCI CON TUTTI I MEZZI AL POTERE POLITICO E FINANZIARIO
LOTTIAMO PER UNA RIVOLUZIONE SOCIALE E DI CLASSE
COMBATTIAMO PER L’EGUAGLIANZA ECONOMICA E PER LA LIBERTA’
EPANASTATIKOS AGONAS
(LOTTA RIVOLUZIONARIA)
Marzo 2009